ALESSANDRO BISTARELLI

musicista

“La vicenda artistica di Danilo Picchiotti nasce da un desiderio di esprimere se stesso senza limitazione alcuna, senza regole imposte da scuole o tradizioni, senza vincoli di pensiero o di stile che possano inibire il libero fluire delle emozioni. L’arte di Picchiotti svela un mondo visionario, dove la ricerca sottile della perfezione attinge alle zone liminari della coscienza, e da queste trae nutrimento.


Ripercorrendo la storia creativa dell’artista, troviamo, dai primissimi lavori, fino alle ultime inquietanti opere, tratti distintivi che delineano il suo mondo pittorico. Il rifiuto di una forma chiara e definita dove plasmare la propria intuizione artistica, si esprime in gesti liberi e fulminei, refrattari ad ogni convenzione pittorica. La tradizione rinnegata si palesa in un mondo espressivo variegato e multiforme, sospeso fra intuizione e astrazione, fra materiale e spirito, tra informale e figura.


Pensate ad un caso di idee, che man mano, come per incanto, prende forma e dimensione, spazio e colore. E che la pittura rievochi il mito primordiale della nascita, quasi un principio per cui il soffio generatore della vita ordini la materia in forme sempre più evolute e organizzate.

 

 

Così dall’inconscio dell’artista affiorano gesti pittorici innocenti, quasi primitivi, che solcano la tela con incontaminata forza e purezza. L’indistinto diviene via via più distinto, fino a trovare naturalmente una propria forma.


Quello che altri cercano con la facoltà della ragione, o con il logico percorso dell’esperienza, Picchiotti lo trova nell’oblio di sé e nel rifiuto di ogni condizionamento relativo. E in questo sta la sua grandezza.


Rinnegata da sempre la logica plastica della figura, con i possibili agganci al mondo reale, l’artista ha percorso con assoluta coerenza il sentiero dell’informale, abbandonandosi alla voce della propria coscienza.

 

 

Nella pittura Picchiotti ha sempre cercato se stesso e le ragioni prime del proprio essere; nessuna ricerca di facili effetti o suggestioni, ma libertà creative assoluta.


La pittura di Picchiotti, è pittura dell’anima, sempre in bilico fra finito e infinito, alla ricerca della propria verità interiore. Così il suo spirito ribelle si rinnova, e ogni volta plasma la materia con occhi vergini, in una sorta di illuminazione primordiale.


Una strana mescolanza di nuovo ed antico, di futuro e di passato pervade l’arte di Danilo Picchiotti come se le sue opere esaurissero l’intero ciclo della vita umana.


Il bambino, che l’artista ha sempre cercato, diviene saggio, il nuovo che le anima diviene subito memoria e coscienza, così come l’infinita energia che le sottende si addensa in materia. E’ ancora: il disordine diviene ordine.


In sintesi, una identità artistica pienamente espressa.”

stefano benedetti

 

"Il pittore a figura intera, riflesso nello specchio a misura d’uomo, a tutto corpo, corposamente, in pittura corposa, anima e corpo, nel luogo di una concentrazione cosmica, nel luogo dove si origina energia centrifuga, dove confluisce energia centripeta, nella magica spirale, nella vigorosa carezza offerta con ampio gesto sul tracciato dell’avventura rapidissima, della passione immediata, che nascono lontano, che in pittura si raccontano.

 

Anche il Pittore si racconta nella misura di quel linguaggio confermato dalla storia recente dell’arte, dalla potente degenerazione surrealista di quella magica devianza che mima i sogni e ambisce ad accerchiare l’universo interno attraverso i cosidetti procedimenti indiretti, quelle tecniche e quelle pratiche che pongono dinnanzi agli occhi, ad una visione mentale, ciò che alla realtà oggettiva non appartiene, assurdi fantasmi e coincidenze che popolano mondi interni e segreti.

 

Dal surrealismo muove la coscienza del pittore Picchiotti che nell’esercizio yoga ha catturato la saggezza, la tranquillità delle ansie esistenziali, quelle che dirottavano e scombinavano le sue prepotenti energie.

 

 

 

Picchiotti è stato condotto da questa pratica paziente alla felicità e alla fluidità delle sue immagini attuali, analoghe negli esiti apparenti a quelle ricerche non figurative che hanno proliferato distinguendosi in diversi rivoli nell’arte internazionale, che nelle tante sfumature e spesso in radicale antitesi hanno assunto i nomi di Tachismo, New Dada, Espressionismo astratto, Nucleare, Spazialismo, Informale, Naturalismo Astratto….


Anche Pollok educa al surrealismo, al cubismo, allo zen le misure della sua individualità alta, visionaria, danzante, quel trip in cui si realizzava l’avventura irripetuta della sua pittura dolcissima, satura di poesia e di esistenza come un eroe della beat generation.

Picchiotti è autore di analoghi cromatismi nel suo retroterra immaginativo non è esotico, non guarda alle culture africane, orientali o americane, aldilà della pratica di una disciplina quale lo yoga e alle assonanze internazionali della sua pittura, la sua educazione all’arte percorre strade italiane.

Picchiotti ama citare Burri come artista da lui ben osservato, al Burri gotico francescano lo lega un’affinità culturale che è fatta di terre etrusche e latine, quei sapori antichi e quelle mura di storia parlante, compresi nei confini dell’Italia centrale.

 

 

Tra Burri e Picchiotti, oltre a differenti storie personali, c’è sicuramente un tasso diverso di adrenalina, con un’energia estroversa caratteristica di Picchiotti, che non si identifica nei castigati intrisi di storia, di spessori terrigni, gotici e francescani lavori di Burri.

 

Per rapida associazione, la pittura di Picchiotti si avvicina a quella di Montanarini suo conterraneo, ma la spinta compositiva e decorativa di Montanarini, rimane esteriore alla pratica di Picchiotti, che oggi nei pressi di Colle Val d’Elsa sta allestendo il proprio studio, le grandi costruzioni, architetture immaginate nella superficie dei suoi quadri di grandi dimensioni, tagliati spesso in forme allungate, preparate con mestiche antiche con pazienti rituali.


Al metodo ed alla lunghezza della preparazione del supporto, fa riscontro, la vigorosa e rapida esecuzione, senza interruzioni e senza ripensamenti della pittura, una pratica che sottolinea e suggerisce il rapporto di Picchiotti con l’arte; la pittura è dunque una storia brevissima che segue una lunga concentrazione, è un attimo sensibile, un attimo fugace, uno stato fisico e mentale irripetibile, una punta acuta di felicità, un gesto fiorito, uno sbocciare improvviso, una improvvisa primavera, dopo una lenta e forte crescita sotto la cenere."

CIARLES 'ETIENNE BERTRAND

"la materia e i segni di Danilo Picchiotti"

La pittura di Picchiotti Danilo e' come un paesaggio visto dall'alto a volo d'uccello. Distese desertiche laviche che a centinaia di metri d'altezza rivelano un carattere selvaggio.


Superfici aspre che da una visione aerea appaiono partorite da un'orogenesi implacabile. Terre scabre, spaccate in profonde crepe, animate di sabbie e crete, sporgenze di , anfratti argillosi. Sembrano gli stessi scenari lunari acidi e incandescenti della val d'orcia' nell'entroterra della toscana,. Dove protagonista assoluta è la materia, in tutta la sua infuocata realtà fenomenica. In tutte le sue tragiche intensità cromatiche di rossi,ocra, neri, e grigi.

 

Una realtà che Danilo Picchiotti, il maestro della pittura informale "materica", conosce bene e che trasporta da più di dieci anni nelle sue opere,con Passione per la materia","Io sono stato catalogato nell'informalismo ed è un'etichetta da cui non posso sbarazzarmi" - dice provocatoriamente Picchiotti-" E ciò mio malgrado, perché non ho mai firmato alcun manifesto in favore di qualsiasi movimento, ma sono stato etichettato come un informale".

 

Un informale "suo malgrado", dunque, ma tra i più singolari e brillanti protagonisti della scena europea, perché è tutta sua la ricerca di una "nuova materialità" in termini pittorici.

 

 

Picchiotti, infatti, è stato - ed è - un pittore che nell'utilizzare sul polipan(un faxsimile usato da Burri) materiali estranei al vocabolario della pittura, orchestrando gessi ,legni, carte, stoffe, cotone, cartone, paglia, o nell'imprimere calchi di oggetti reali nelle spesse concrezioni di colore , fa uso spregiudicato della materia come strumento creativo primario e come mezzo per credere nel divenire della forma. Nelle opere di Picchiotti la materia si dà come rappresentazione di se stessa, allusiva ai suoi naturali caratteri cromatici.

 

Una materia talmente fine a se stessa che come dice qualche critico, potrebbe far pensare ad un ritorno al naturalismo. Ritorno anacronistico, se si pensa all'informale come ad una corrente di protesta e rigurgito anti-figurazione in quell'immediato, esistenzialista e insofferente secondo dopo guerra. Toscano, di adozione romana, Picchiotti cresceva nel dopo guerra con il gruppo dei pennellacci. Sedotto dai fermenti surrealisti di Miro'e le visioni rivoluzionarie di Picasso pero', si lascia poi suggestionare dall'informale d'azione che nelle mani di Jackson Pollock si trasforma in un virulento e dominante espressionismo astratto e a alla pari viene influenzata a favore di un vocabolario personale, basato su quella insolente e prepotente materialità, che lo allinea alle ricerche di Dubuffet, Fautrier sopratutto del nostro Burri scegliendo la materia come medium.

 

 

Picchiotti si s colloca nella gestualita' dell'azione scegliendo la materia come medium.

 

E la pittura di Picchiotti racconta la parabola espressiva di questa materia, attraverso la sua 'attività nel tempo”, con opere caratterizzate da una pittura dotata di un linguaggio di forza straordinaria.